Oggi la mia incredibile nonna Luigia avrebbe compiuto 100 anni. Così le scrissi sei anni fa, il giorno successivo alla sua nascita al cielo. A questa inossidabile donna che mi iniziò alla fede.
Uboldo, 3 Novembre 2009
“Gabriele, sa sum chi a fa? Le minga mei murì? Signur, tiram là!”
Questo era il saluto col quale mi accoglieva, con voce lamentosa e alzando le mani al cielo. Io sistematicamente le rispondevo prendendola in giro: “Sperem che ul Signur al ta tira là da cursa. Ma ricordas da lasà chi i dané!”
Al che lei si arrabbiava e con piglio deciso mi rimetteva subito a posto, replicando più o meno così: “Uì ti! Va che mi a podi minga murì! A lovi e a stiri anca mo’ par violtar. Sa fasìi senza da mì?”
Ecco, questa era mia nonna. Una donna d’acciaio per salute, fibra e temperamento.
Nata nel 1915, ha attraversato con tenacia il secolo breve e si è affacciata senza timore al nuovo millennio.
Ha trascorso serate a scaldarsi nella stalla, quando fuori Uboldo era illuminata solo dal chiarore della luna e delle stelle. Ha vissuto l’avvento dell’energia elettrica, dell’acqua nel rubinetto. E’ nata in un mondo in cui il dottore del paese aveva una sola siringa e se ne è andata attaccata a macchinari elettronici nella sua prima visita ad un ospedale in 94 anni. Ha visto le automobili moltiplicarsi e la televisione accendersi prima in bianco e nero, poi addirittura a colori e col telecomando. Ha imparato a usare il telefono, ma il cellulare è sempre stato troppo. Però sapeva cos’era un computer e aveva una vaga idea di cosa si potesse fare con Internet. Il mondo non riusciva più a capirlo, ma si rendeva conto che non era nemmeno più necessario. Tutta colpa di quelli che sono andati sulla Luna. Hanno toccato qualcosa ed è cambiato tutto.
La seconda guerra mondiale le portò via amici e affetti. Ma ha saputo rialzarsi. Andava a lavorare a piedi dal “Puzet” ed era “maestra”. Dei telai, ma pur sempre maestra. Lei, con quella sua 5a elementare che valeva più di tutte le nostre università. Mi sono sempre chiesto cosa le avessero insegnato…
Si è sposata e ha avuto due bei bimbi. Non c’era molto tempo per crescerli, era troppo occupata a sfamarli. Nemmeno la morte di mio nonno l’ha piegata. Ha trovato la forza di sistemare i due figli, di allargare la casa. Poi sono arrivati i nipoti, ed è stata una seconda giovinezza. Ha visto andar via i propri fratelli e le sorelle, uno alla volta. Poi le amiche di una vita e infine la nuora. Ma lei rimaneva inossidabile a far girare la casa e la famiglia. La sua casa, la sua famiglia.
Ha combattuto la buona battaglia, ha terminato la corsa, ha conservato la fede.
Nonna, oggi ti voglio dire solo grazie.
Grazie per questi 33 anni insieme. Grazie per il latte con l’Orzobimbo, per l’acqua col vino, per il riso e cipolle, per il caffè dopo mangiato, per Love Boat e poi Charle’s Angels sul divano della cucina. Grazie per i pomeriggi al parco, i maglioni di lana fatti coi ferri, la mia prima cartella. Grazie per avermi accudito, educato, difeso. Grazie per le camicie stirate e grazie per il letto rifatto.
Ma, cara nonna, anche se tu non avessi mai fatto nulla di tutto questo ti avrei ringraziato ugualmente per la cosa più bella che mi hai regalato in tutta la vita: la preghiera.
Tu mi hai insegnato a pregare. Con pazienza santa hai ripetuto con me il Padre Nostro, l’Ave Maria, l’Angelo di Dio. Mi portavi qui tutte le mattine. Ti ricordi? Sulle panche “da la part di oman” mi dicevi di stare composto e a mani giunte. E al cimitero, forse la “gita” settimanale più gettonata, tu mettevi fiori freschi al nonno e io tentavo di leggere i nomi sulle tombe. Per ogni nome mi raccontavi la storia di una vita. Poi, insieme, imploravamo l’Eterno Riposo per i nostri cari e per tutti gli altri.
E le mattine alle 6 e mezza quando andavamo insieme alla prima Messa. Anche quando smisi di fare il chierichetto tu continuasti, fedele, la tua devozione finchè la prudenza, più che la salute, te lo ha consentito.
Nonna, tu mi hai regalato il Signore. Me lo hai indicato, nella tua fede così semplice che da grande mi sono permesso anche, stupidamente, di criticare. Porta con gioia questo fiore davanti al nostro Gesù. Sono sicuro che ne sarà felice. E con gioia, spalancherà di fronte a te le porte del suo Paradiso.
Saluta il nonno, la mamma, e tutti i nostri fratelli lassù. Pregate per noi e soprattutto per i vostri piccoli nipotini, Yuri e Gioele, Rebecca e Giacomo.
Ci vediamo.
Gabriele
bellissimo, grazie. mando questo pezzo a tutti i miei amici (spero che la cosa non ti dispiaccia. non metto nomi). e’ una testimonianza grandissima per tutti noi.
ci fa vedere cosa significa vivere e tirar su i bambini con amore e responsabilità.
gemma
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