Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.
(1 Re 19, 4-8)
Pane e acqua, doni dell’Angelo. Cibo disceso dal cielo, che sostiene il cammino di Elia. Una prefigurazione dell’Eucarestia, principale nutrimento della “dieta” cristiana.
Ma chi è il profeta che riceva questo esclusivo regalo? Un puro? Un santo?
L’Elia fotografato da questo frammento di Antico Testamento è un uomo deluso. Disilluso. Stanco. Terrorizzato.
Lui, l’ultimo profeta dell’Unico Dio, si è misurato col proprio limite. E ne è stato sopraffatto.
Ha sfidato da solo i quattrocento profeti di Baal di fronte a tutto il popolo di Israele, sul monte Carmelo. E ha vinto.
Ma il trionfo ha gonfiato Elia. Lo “zelo per il Signore” che lo riempiva è divenuto un torrente irrefrenabile. Rosso sangue. Il profeta ha ordinato lo sterminio di tutti i sacerdoti avversari. Giusto per far capire chi comanda. Attirandosi così le ire della regina Gezabele, devota all’idolo. E il rimorso della propria coscienza.
Elia fugge. Assassino. Scappa dalle truppe reali. Da se stesso. Dal proprio zelo che lo divora. Dal proprio Dio. Desidera solo farla finita. E lì, in quel deserto spirituale e morale, lo raggiunge l’Eucarestia.
Così come in un altro deserto la manna aveva raggiunto un popolo liberato dai propri padroni, ma non dalle proprie schiavitù. Un popolo ingrato, che rimpiangeva la pentola piena di carne concessa dal Faraone (Es 16, 3).
Così come “il boccone dell’amico” raggiungerà Giuda, pronto al tradimento, durante l’ultima cena. Giuda, “comunicato” dallo stesso Gesù (Gv 13, 21-26). L’Eucarestia che si fa Eucarestia. Come immaginare un principio più infimo del divino Mistero?
Queste poche, inutili righe le scrivo per te, amico mio.
Per te che partecipi alla Messa e scegli di non comunicarti.
Sei invitato a pranzo. Ti siedi alla mensa e rifiuti di unirti alla festa.
Cosa attendi? Di essere “degno di Dio”?
E’ il Padre che, sempre, si sente degno di te. E, bontà Sua, di me.
Non temere. Non sarà la tua impurità a contaminarlo. Piuttosto, come fu per l’emorroissa (Mc 5, 25-34), sarà la sua santità a entrarti dentro e a salvarti.
Amico mio, sia davvero l’Eucarestia per noi un Eu-Charis, una Grazia per il Bene ricevuto.
Senza di te, mancherà una briciola a ricomporre questa pagnotta di salvezza spezzata.
Gabriele Guzzetti