Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.
Mi piace iniziare con queste parole del Beato Paolo VI.
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
Una festa che segna il tempo conclusivo del nostro anno liturgico:
domenica prossima si riprende con l’Avvento
il tempo sempre nuovo e fecondo
della speranza che si riaccende nella luce di Betlemme.
Oggi dunque lo sguardo è orientato verso la Regalità di Cristo.
Un termine – regalità – che sembra essere una contraddizione
rispetto all’insegnamento del Vangelo
che parla di terra, di povertà e di essenzialità.
In verità noi conosciamo nei dettagli i termini Regali di Cristo
i segni forti e concentrati di un potere che si oppone alla ragione umana
i segni e le ferite di un potere che appare come una tragica sconfitta. Dio è morto!
Questo Uomo schiacciato/oppresso dall’egoismo di un popolo ribelle
il Servo di Dio, redentore d’Israele, dice Isaia,
colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti.
Eco, vedete, questi sono i simboli eterni e inconfondibili di una regalità
che ha scelto una strada diversa e certamente più impegnativa
una strada in salita
una meta annunciata
un susseguirsi di avvenimenti che portano il Cristo
verso il luogo del compimento estremo
dove il cielo diventa buio
la terra è tremante
le rocce di spezzano.
Il luogo della fuga
e di tante fughe
magari anche le nostre – fughe
meschine come quella di Pietro!
Il luogo dove la terra e il cielo si incontrano e si confondono.
Un trono scomodo piantato nelle voragini asciutte della terra
ma – innalzato verso un destino nuovo
inchiodato e umiliato
un Uomo offre se stresso
perché ogni uomo diventi capace di offrire se stesso.
Negli occhi del Crocifisso ci sono due movimenti:
quello dell’abbassamento e svuotamento,
un amore che si radica alla terra/si impolvera
e poi il movimento di una esaltazione
che inaspettatamente supera ogni fragilità e povertà:
Egli, scrive Paolo, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo;
dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso facendosi obbediente
fino alla morte e a una morte di Croce.
Per questo Dio lo esaltò!
Il crocifisso è una grande provocazione che attraversa la nostra esistenza:
è difficile resistere alla tentazione di un Dio Crocifisso/messo alle strette
impossibile sottrarsi allo sguardo condannato di questo Uomo
non si può andare oltre
non si può cambiare strada
c’è una verità da affrontare a volto scoperto
e da accogliere come dono e come domanda che interpella la tua libertà:
Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?
Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni;
egli invece non ha fatto nulla di male.
E disse: Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.
Questa -del ladrone pentito- è la schiettezza della Fede che trova ferma convinzione
dentro al mistero regale del Crocifisso.
Una fede che nasce dal cuore di un condannato
capace di riconoscere nel volto di Cristo il fermento dell’amore che ti dice:
In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso!
Scusate. Qui non c’è più nulla da dire. Qui c’è da guardarsi dentro.
Qui c’è una conferma: oggi, adesso sarai con me.
La tua salvezza è oggi. Adesso. Subito.
Questo è Gesù Cristo.
Una Parola di conferma sulla tua vita.
Una certezza che è lì davanti a te
uno sguardo che accoglie – oggi – la tua miseria.
Uno sguardo che – oggi – ti dice: tu sei nell’amore!
Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,
e per avere certezze che non tradiscono in eterno.
don Fabio Verga