24 Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. 27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? 28 Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? 29 No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Card. Angelo Scola, “Il campo è il mondo” – lettera pastorale 2013-2014 (cap. 2)
L’insegnamento di Gesù è ricchissimo. Qui possiamo sottolinearne solo qualche elemento.
All’origine c’è il buon seme
Il punto di partenza è chiaro, inequivocabile: «Un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo» (Mt 13,24). Prima di tutto c’è l’iniziativa buona di un Altro. Non possiamo mai dimenticare quest’origine buona che ci precede aprendoci la strada. Ad essa occorre riferirsi senza stancarsi. Il mondo è il “campo di Dio”, il luogo in cui Dio si manifesta gratuitamente agli uomini. Occorre, come ha ricordato Papa Francesco, nella Basilica di Nostra Signora di Aparecida lo scorso 24 luglio, «lasciarsi sorprendere da Dio». Per questo il “mondo” ha una dimensione irriducibilmente positiva: è il frutto della grazia del suo amore. Nemmeno la pur grave ferita del peccato, il cui peso è davanti agli occhi di tutti e non va sottovalutato, riesce ad intaccare in maniera irreversibile tale bontà. Inoltre, la bontà del “campo” si vede dal fatto che la zizzania non è in grado di bloccare la crescita del buon seme. L’amore di Dio ci precede sempre e non può essere vinto da nessun male!
La libertà è decisiva
«Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo» (Mt 13,37), cioè Gesù. Egli ama la nostra libertà e la provoca chiamandola a decidersi per Lui. Di fronte a Lui nessuno può evitare una scelta aprirsi o chiudersi —, rivelando così la propria giustizia o la propria iniquità. Ma attenzione, questa mescolanza di apertura e chiusura è presente nel cuore di ciascuno di noi: grano e zizzania crescono insieme! In ogni uomo e in ogni situazione bene e male sono mischiati: occorre sempre vigilare. Il buon seme donato gratuitamente da Gesù a ciascuno di noi domanda il coinvolgimento esplicito della nostra libertà per diventare grano. Il Signore, infatti, attrae e non sottomette, esalta la libertà e la coinvolge per farla maturare. Egli non semina con inganno, come il nemico, mentre tutti dormono (cf. Mt 13,25).
Il fattore tempo
La risposta personale della libertà che permette al buon seme di diventare grano maturo ha bisogno di tempo. Il tempo della vita di ogni uomo trascorre dalla semina alla mietitura: nel corso della loro esistenza gli uomini possono diventare «figli del Regno» o «figli del Maligno» (Mt 13,38). E tuttavia il tempo è del Signore del campo, non nostro. In questo senso il giudizio sulla libertà degli uomini non tocca a noi, ma al Padre che guida la storia del mondo fino all’avvento definitivo del suo Regno. Questo non significa che noi non siamo in grado di distinguere il grano dalla zizzania. Lo siamo, ma non tocca a noi giudicare in modo definitivo, condannare senza appello, perché il cammino della vita si compie solo alla fine e la libertà può sempre ravvedersi. La misericordia di Dio è paziente e non smette mai di sollecitare la risposta dell’uomo.
Con lo sguardo di Gesù
La ricca spiegazione della parabola che Gesù dà ai discepoli riserva anche un altro insegnamento di grande portata. Egli dona loro uno sguardo nuovo sul mondo. I discepoli, infatti, non vedono ancora il mondo come Io vede Gesù e, per questa ragione, sono tentati di estirpare subito la zizzania. Sorprende il fatto che mentre Gesù ha messo l’accento sul buon seme, i discepoli fissano lo sguardo sulla zizzania: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo» (Mt 13,36). Come se all’origine si trovasse la zizzania! Quante volte anche il nostro sguardo dà per scontato il campo, il buon seme e il seminatore, fissandosi subito ed esclusivamente sulla zizzania! E così, dimentichi del bene che è all’origine, ci inoltriamo sui sentieri della condanna, del lamento e del risentimento.
Senza impazienza
Gesù, invece, ci chiede di non avere una visione ridotta, miope del mondo. Il mondo è, anzitutto, il luogo della buona semente gettata da Dio stesso perché maturi in buon grano. Così siamo richiamati ad avere uno sguardo paziente. Non ingenuo, non irenico, tanto meno connivente con il male; ma paziente della stessa pazienza misericordiosa di Dio. Una pazienza capace di diventare, come per Gesù, commozione. È impressionante constatare quante volte nel Vangelo viene registrato il fatto che i peccatori non si allontanano, ma si avvicinano a Gesù! La commozione del Signore esprime la sua acuta e dolorosa consapevolezza del male provocato dalla zizzania. Egli, mentre lo prende su di sé, lo circonda da ogni parte con il suo amore infinito, così che ogni uomo e ogni donna possa scoprire e domandare la dolcezza del Suo perdono. Con questa parabola, Gesù corregge amorevolmente i suoi, segnati dalla impazienza e dallo scoraggiamento di fronte alla confusione talora regnante. Essi possono affidare la loro vita e la loro azione al Signore del campo. Non devono quindi aspettarsi il frutto dalle loro forze. Con gli occhi fissi su Gesù devono stare nel mondo solidali con tutti i fratelli uomini.
“Il nemico, mentre tutti dormivano, venne a seminare la zizzania in mezzo al grano buono.”
Parto da qui, perché considero questo punto davvero centrale per la vita di ognuno, nel micro della quotidianità e nel macro dei grandi problemi socio-economici del mondo contemporaneo.
Il male è sempre possibile; occorre vigilare, sempre, stare all’erta; dentro il cuore dell’uomo c’è chiara la consapevolezza di cosa è bene e cosa è male, ma quante volte sbagliamo!
E quante volte, appena compreso l’errore, si cerca di riparare, di estirpare subito, di operare un taglio netto; sappiamo essere giudici severi (!), soprattutto verso le mancanze e gli errori altrui che ci feriscono.
Ma il Signore ha molta più pazienza con noi e ci insegna che a volte è meglio aspettare, perché il bene che c’è possa crescere, fortificare.
Poi comunque verrà il momento della mietitura, per tutti.
Vigilare e dare tempo, vademecum validi anche per affrontare le grandi questioni d’oggi, a partire, ad esempio, dall’immigrazione.
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Bellissimo il commento di Scola!
Quanto amo questi occhi di Dio che mi vedono figlio. Null’altro che figlio!
Egli scorge in me la potenzialità di diventare nel tempo ciò che sono in principio: grano buono.
Non c’è giudizio, non ci sono etichette in questo sguardo. Solo amorevole desiderio di realizzazione, di compimento. Uno sguardo che mi immagino luccichevole e commosso in una attesa rispettosa.
Dio vede in me sempre la potenza. Perchè mi vede per ciò che sono. Al di là dei miei atti.
Sono capace io di vedere gli altri per le potenzialità che hanno e non per ciò che compiono?
Gabriele
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Educazione e pazienza nella parabola della zizzania. Il cardinal Caffarra a Bologna, marzo 2014.
Io non vedo altra via di uscita che la pazienza dell’educatore. Troviamo un esempio mirabile di questa attitudine fondamentale nel modo con cui Dio stesso si è comportato col suo popolo, come ci viene narrato nella Bibbia – Vecchio Testamento. La pazienza è fatta di un amore che ha a cuore la sorte della persona: non lo abbandona mai anche quando sembra farlo. La pazienza non brucia le tappe: sa che cosa può chiedere e che cosa non può chiedere. Rispetta il cammino della persona ed il tempo che esige. La pazienza è anche tollerante. La tolleranza non è l’approvazione del male. E’ la sua sopportazione perché, come dice l’agricoltore nella parabola di Gesù, strappando la zizzania si rischia di strappare anche il grano. Soprattutto durante l’adolescenza, l’impazienza dell’educatore può provocare gravi danni.
La Madre di Dio ci ha offerto un esempio sublime di questa attitudine. Quando, dopo averlo cercato tre giorni, ella trovò Gesù nel tempio, Questi le rispose con parole misteriose. La Madonna non le comprese, dice il testo evangelico, ma le custodì nella sua memoria e nel suo cuore, meditandole. Ella cercò di capire meglio il suo figlio, che stava crescendo.
Dunque, vigiliamo sempre su noi stessi perché non ci lasciamo mai prendere dallo scoraggiamento. Non lasciamoci rubare dal cuore il coraggio di educare.
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