“Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello di Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte.” (Es 14, 20).
Ieri ho letto questa frase nella prima lettura e non sono più riuscito a seguire nulla.
Dio è buono, non bonaccione. Quando si incazza si incazza. E agisce. Si mette “in mezzo”. E guai a me.
Guai a me quando Dio si manifesta. Perchè Egli agisce con la spada. Sì sì. No no. Mi chiede di guardare e di vedere.
Questo Dio mi si pone innanzi. Mi provoca. Cosa vedo? Tenebra o luce?
La medesima esperienza di Dio può essere un sole accecante nella notte; oppure il buio più profondo, impenetrabile e disperato.
E’ questione di prospettive. Affinità. Culo, anche.
E il risultato è completamente diverso. Chi vede la luce si accorge che il mare si è ritirato e passa sull’asciutto. Liscio come l’olio.
Chi ha la tenebra negli occhi finisce annegato. Nello stesso mare.
Il magnifico racconto del passaggio del Mar Rosso racconta di una esperienza di Dio, quella di Ebrei ed Egiziani, che è la medesima. E’ dentro alla stessa storia, dentro allo stesso ambiente.
Stesso ufficio. Stesso lavoro. Stesso capo. Stesso oratorio. Stesso coro. Stesso gruppo liturgico. Stesso don. Stessa famiglia.
Eppure…
Le prospettive sono radicalmente differenti. Una porta alla vita, l’altra alla morte. No way. Per i fighetti, “tertium non datur”.
Ho un amico. Si chiama Paolo. Oratorio insieme. Educatori e via dicendo. Oggi si dichiara agnostico.
Il Mar Rosso esiste. Occorre attraversarlo. E’ davvero un passaggio. Un salto. Alla fede. Si tratta leggere gli eventi in modo differente.
Il verbo “guardare” ricorre oltre 250 volte nella Bibbia. Il verbo “vedere” oltre 800.
Mio Dio pietà. Dammi di vedere e non di guardare. Il sentiero asciutto nel mare.
E Paolo: va a ciapà i rat!
Gabriele