Non so perchè il Signore mi conduca a ragionare ancora su quelle poche righe di Parola. Magari fa bene a me e non lo so ancora. Magari sto aiutando qualcun altro. O entrambe le cose.
Scrivevo ieri commentando Esodo 14, 20 che il nostro Dio si incazza e agisce. Ma qual è l’azione di Dio?
Dio si pone in mezzo e illumina. Getta luce. Basta così.
La differenza la fa, a questo punto, chi vuole vedere. Perchè si salva. Chi, ostinato, non vede, perisce. Non certo per colpa di Dio.
Spiazzante. Disarmante. Ma è scritto.
Nessun finale eclatante. Nessun esercito di angeli che spada in mano devasta gli Egiziani. L’Onnipotente non entra nel tempo in questo modo.
Dio illumina, Israele vede il sentiero asciutto nel mare (che è lì, reale, un fatto), il Faraone no. E perisce con tutto il suo esercito.
Quando invoco Dio perchè agisca (al posto mio), al 99% ottengo risposta. E la risposta è LUCE.
Mi basta?
E’ che Dio mi tratta da adulto. Pazzo e innamorato, mi crede capace di risolvere da solo i miei problemi. Anche perchè i miei problemi nella stragrande maggioranza dei casi non attengono al Regno, che dovrei cercare prima di ogni altra cosa. Attengono al lavoro, alla salute, alla ricchezza, alla maldicenza, alla famiglia; al mio carattere e alle mie azioni. Nulla a che vedere con la ricerca del Regno.
Ma anche lì, nella pochezza della quotidianità, il Padre non abbandona questo figlio. Il suo aiuto consiste nell’accendere la lampadina. Mi stimola ad alzare la testa, a sollevare lo sguardo dal mio ombelico, a togliermi la cataratta dall’occhio. La soluzione è davanti a te! Sveglia!
La Scrittura è densa di esempi. Il Signore apre gli occhi ad un’Agar vicina alla morte per disidratazione, nel deserto, e le mostra la sorgente che le è dinanzi. Abramo, sul monte Moria, vede il sacrificio che il Signore realmente gli chiede: un montone e non suo figlio. Balaam, più tardo della propria asina, si accorge della manipolazione di cui è vittima. Samuele ha bisogno di essere educato alla vista per scorgere nel giovane Davide ciò che Dio cerca in un re.
Il Vangelo è un continuo invito a gettare lo sguardo sulla realtà che ci circonda. Alla profondissima domanda di Giovanni, “Maestro dove abiti”, Gesù risponde “Venite e vedete.”. La stessa cosa viene chiesta ai discepoli del Battista che portano al Rabbi i dubbi del profeta. E ancora Gesù raccomanda la lezione dei passeri e dei gigli a chi depone le proprie preoccupazioni ai piedi del Signore.
Dopo la crocefissione, poi, Gesù compie un’autentica educazione alla vista. Maria di Magdala piange la morte del Risorto ed il dolore per la propria perdita le impedisce di riconoscerlo perfino quando le si para di fronte. Lo scambia per il custode del giardino! Gesù chiede a Maria di liberare gli occhi dallo sconforto, per guardare alla bellezza e alla gloria della Resurrezione; la stessa cosa si ripete con i discepoli alla mensa di Emmaus.
Nemmeno Pietro, Giacomo, Giovanni, Tommaso e Natanaele riconoscono Gesù. La disperazione e la rassegnazione hanno cancellato tre anni di vita col Maestro.
(Nota a margine: in questi ultimi tre casi Gesù viene riconosciuto attraverso le parole e i gesti che compie. In pratica, nella Liturgia.)
E quanto sono luminosi, veri, belli, concreti, i personaggi che vedono! Tenerissimo il vecchio Simeone che scorge una coppia capitata al Tempio per presentare un bimbo e ci legge dentro una storia di salvezza! O il paradosso di Bartimeo: cieco, appena ode la folla strepitare per l’arrivo di Gesù il rabbi, Gesù il taumaturgo, grida dall’angolo in cui è seduto la preghiera perfetta finchè il fiato glielo consente: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”
Padre mio, quanto desidero la tua azione in questo mondo. Che immagino come la mia, all’ennesima potenza. “Sia fatta sempre la volontà di Dio soprattutto quando assomiglia a ciò che voglio io.”. Una intuizione fulminante di Pippo il buono, il grande santo Filippo Neri!
E invece no. Tu che sei il tre volte Santo, il tre volte Kadosh, il tre volte Altro, illumini. Doni la tua luce. Fiat Lux. Come in Principio. Ordine nel caos. Solo. Solo?
Come Giobbe, il provato, comprese:
“Ma da dove viene la sapienza?
E il luogo dell’intelligenza dov’è?
È nascosta agli occhi di ogni vivente
ed è ignota agli uccelli del cielo.
L’abisso e la morte dicono:
“Con gli orecchi ne udimmo la fama”.
Dio solo ne conosce la via,
lui solo sa dove si trovi,
perché volge lo sguardo
fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo.
Quando diede al vento un peso
e ordinò alle acque entro una misura,
quando impose una legge alla pioggia
e una via al lampo dei tuoni;
allora la vide e la misurò,
la comprese e la scrutò appieno
e disse all’uomo:
“Ecco, temere Dio, questo è sapienza
e schivare il male, questo è intelligenza”.
(Gb 28, 20-28)
P.S.
Al termine di questa riflessione capisco finalmente perchè Es 14, 20 è posto a preludio del Vangelo di Lazzaro.
Gesù ha aperto gli occhi a un cieco nato. “Da che mondo è mondo mai si è udito di un cieco nato a cui sono stati aperti gli occhi.”
Ma qui si va oltre. Si resuscita un morto. Anzi, uno stramorto (da quattro giorni, cioè oltre i 3 giorni per cui nella tradizione ebraica l’anima del defunto rimaneva sulla terra prima di andare definitivamente nello Sheol).
Di fronte a questa stroardinaria azione di Dio, anzichè riconoscere la divinità i religiosi del tempo che fanno? Decidono di uccidere Gesù.
La stessa esperienza di Dio può essere luce o tenebra. (E quanto è profonda la tenebra per chi non vuole vedere.)
Gabriele Guzzetti
Questa riflessione mi piace tantissimo perchè mi fa pensare ad un Dio non lontano, distaccato dai problemi del mondo MA DENTRO gli eventi. E noi che facciamo ? Non sappiamo riconoscerlo. Giorni fa nelle letture della liturgia del giorno c’era quel pezzo in cui MOSE’ intercede per il popolo e DIO CAMBIA IDEA ED ACCETTA LA SUPPLICA DI MOSE’. Grandioso. Grazie Gabriele per questa riflessione e grazie Maurizio che ci offri queste perle.
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