Benedetto chi viene nel nome del Signore.

Antonietta Porro. Lo scrigno della Memoria. Monsignor Delpini nuovo arcivescovo di Milano. Sono gli ingredienti delle riflessioni di oggi. Ringraziamo per questo post sullo Spirito Santo che viene pubblicato anche sul bollettino della Parrocchia di san Giulio in Barlassina.

Questa volta l’apertura dello scrigno della memoria è stata sollecitata dagli eventi in maniera particolarmente forte, repentina, come quando un colpo di vento impetuoso fa aprire improvvisamente una porta. Così, come un vento impetuoso, lo Spirito del Signore entrò nel Cenacolo: e anche nella storia che sto per raccontare il protagonista vero è lo Spirito Santo.
Ben oltre quarant’anni fa, quando ero matricola di lettere classiche all’Università Cattolica, mi fu chiesto di prestare i miei appunti delle lezioni, una volta che avessi finito di servirmene, ad un giovane sacerdote del Seminario di S. Pietro, mio compagno di corso ma già impegnato nell’insegnamento ginnasiale in Seminario, e dunque talvolta impossibilitato a frequentare personalmente le lezioni. Lo feci con piacere; il giovane sacerdote, una volta consultati gli appunti, me li restituiva puntualmente portandoli di persona a casa mia. Fu così che divenne amico mio e della mia famiglia; negli anni l’amiciziacrebbe, si rafforzò, divenne familiarità, tanto che la mia famiglia ed io ci siamo abituati a sentire don Mario come uno di casa, anche una volta divenuto Rettore maggiore del Seminario, poi Vescovo, poi Vicario generale della Diocesi. Don Mario è stato talora di conforto alla mamma, quando era impegnata nell’assistenza al papà malato, ha visitato più volte quest’ultimo, non ha fatto mancare a tutti noi il sostegno dell’ascolto e di un consiglio sapiente, ha condiviso, anche se talvolta necessariamente da lontano per via dei doveri del suo ministero, momenti di gioia e di dolore.
Grandi sono state dunque la commozione e la gioia quando, venerdì 7 luglio, il cardinale Angelo Scola ha annunciato ufficialmente che il Santo Padre aveva nominato don Mario – così abbiamo continuato a chiamarlo, come tutti quelli che lo conoscono, anche una volta diventato Vescovo – nuovo Arcivescovo di Milano. Ho avuto la percezione che lo Spirito Santo aveva raggiunto una persona a noi vicina, per farne lo strumento di un suo progetto potente. E’ stata la conferma che lo Spirito ci sfiora continuamente, passa proprio in mezzo a noi, e di lì parte per fare cose grandi.
Non ho potuto fare a meno di pensare, allora, a diversi tratti della personalità di don Mario, conosciuti negli anni, a episodi che, naturalmente, non compaiono nelle biografie ufficiali e che qui voglio raccontare, pur consapevole di dispiacere un poco alla sua riservatezza, perché possano servire a far conoscere e a far amare il nostro nuovo Pastore.
Don Mario è uomo molto colto, versato negli studi (ricordo che si è laureato in corso, col massimo dei voti, nonostante i numerosi impegni cui doveva far fronte in seminario negli anni degli studi universitari), ma niente affatto altezzoso: la semplicità, l’umiltà e la mitezza sono i suoi tratti dominanti, come abbiamo colto anche dalle sue parole successive all’annuncio della nuova nomina. Ama dire, ironicamente, che non ha scritto grossi libri, ma solo «qualche sciocchezza, qualche storiella per bambini»: in realtà il suo stile arguto, capace di narrare in modo semplice le cose più grandi, lo rende comunicatore gradevole e persuasivo, chiaro e evocativo. I suoi libri sono avvincenti e mai noiosi, i numerosi articoli pubblicati su «Avvenire» sono tanto brevi quanto incisivi, e anche le sue omelie si ascoltano volentieri e vanno sempre diritte al segno.
Don Mario è uomo dell’ascolto attento: l’ho imparato bene quando, alla morte di mia madre, chiesi con insistenza a lui come ad altri sacerdoti come dovessi pensarla, ora, se potessi pensarla viva, e in quale luogo, se vicino a me o altrove. Don Mario non mi rispose, al momento, ma si limitò ad ascoltare il mio profluvio concitato di domande, sorridendo. Pensai di avere fatto le domande sbagliate, e invece, quindici giorni più tardi, ricevendo una lunga lettera nella quale rispondeva puntualmente ai miei quesiti, capii che don Mario mi aveva ascoltata a fondo e presa molto sul serio, tanto da rinunziare ad una risposta improvvisata e consolatoria per darmene una più adeguata ai miei interrogativi.
Don Mario è uomo capace di compagnia e di affezione: ama condividere la conversazione e anche la tavola, nella semplicità, servendosi delle occasioni di convivenza e di convivialità per ascoltare e accompagnare le persone amiche e quelle che si avvicinano occasionalmente a lui. Don Mario saprà essere un Pastore «con l’odore delle pecore», come auspica Papa Francesco.
Don Mario è uomo della gioia: lo ha ricordato anche durante la conferenza stampa che ha fatto seguito all’annuncio della sua nomina ad Arcivescovo. Ad una giornalista, che voleva sapere da lui quale dono desiderasse dallo Spirito Santo per essere accompagnato nel suo nuovo compito, ha risposto che la prima cosa che chiede, per la nostra Diocesi e per la società civile, è il dono della gioia, una delle «risonanze più abituali del Vangelo: … con il Vangelo viene la gioia». Come uno dei suoi familiari mi ha raccontato qualche tempo fa, don Mario avrebbe dichiarato, in linea con il sottile senso dell’umorismo che gli appartiene, che avrebbe tanto voluto un nuovo ordine religioso, la cui regola prevedesse al primo posto l’abolizione della lamentela! La gioia di cui parla don Mario non è frutto della superficialità, ma dell’abbandono fiducioso al progetto di Dio: si capisce bene dunque perché il cardinale Scola lo abbia presentato come uomo della preghiera, la dimensione più naturale dell’affidarsi al Padre.
Don Mario ora è l’Arcivescovo di Milano, è «il nostro Vescovo Mario», come ricorderemo ogni giorno nella Preghiera Eucaristica. Non riesco a immaginare cosa abbia nel cuore in queste ore: forse qualche timore, certo molta trepidazione e non poche preoccupazioni. Nel suo discorso dopo la nomina ha detto di sentirsi inadeguato al compito e ha chiesto l’aiuto di tutti. Sono sicura che la comunità ambrosiana, e quella di Barlassina in particolare, lo saprà circondare del suo affetto caloroso e lo accompagnerà con la preghiera, perché lo Spirito Santo, che ha iniziato in lui questa opera buona, la porti a compimento e perché lui possa essere un Pastore «secondo il cuore di Dio».

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