Chiamiamola semplicemente vita.

Elliott Erwitt: “Cracked glass with Boy”

Rilanciamo qui un bell’articolo pubblicato sul numero di luglio di Cittànuova che ci parla con arguta semplicità dei nostri insuccessi e sul modo più umano di considerarli: “è la vita”. Grazie alla brava ELENA GRANATA.

La vita alle volte ci mette al tappeto. Sferra un tale colpo che siamo tentati di non rialzarci più. Alziamo il braccio in segno di resa. Cos’altro ci può ancora capitare?

Può essere la perdita improvvisa del proprio lavoro, un amore finito troppo presto, un insuccesso scolastico, la vana ricerca di un lavoro, trovarsi a ricominciare tutto da capo.

Allora l’impotenza ci prende alla gola e ci paralizza. Il mondo intorno a noi non ci aiuta: che penseranno gli altri di noi? Il giudizio ci pesa come un macigno.

Ci affrettiamo a nascondere ogni debolezza. Un figlio che va male a scuola diventa un problema familiare intorno a cui fare calare il silenzio. Una disoccupazione improvvisa diventa una questione privata. La separazione di un figlio o di un nipote una sofferenza di cui evitare di parlare con gli amici. La depressione del marito o della moglie un terribile segreto.

Eppure, se nessuna caduta è di per sé auspicabile né salutare, imparare a gestire gli insuccessi è davvero cruciale. A partire dal modo in cui li dominiamo… dal modo in cui ne parliamo.

Fin da piccoli dovremmo insegnare ai nostri figli che correndo si cade e magari ci si fa male, che si può prendere un brutto voto a scuola e fare meglio la volta successiva, che non sempre le nostre virtù ci vengono riconosciute, che crescendo incontriamo la cattiveria, il sopruso e l’ingiustizia.

Fin da piccoli dovremmo imparare a chiamare questi inciampi, con una parola semplice e bellissima: vita. E’ la vita.

Vivendo ci facciamo male, vivendo ci rialziamo, vivendo sbagliamo strada, vivendo diventiamo più umani. Non potrei togliere dalla mia vita questi passaggi. La passione per l’insegnamento è nata da una bocciatura ingiusta in quarta ginnasio, la perseveranza nel lavoro da un concorso andato storto, la coscienza della fragilità umana dopo una gravidanza non andata a buon fine, la coscienza civile dal contatto con le povertà.  L’esperienza è esattamente questa possibilità di uscire dal proprio limite, da una sconfitta, da un confine. E di uscirne più umani.

Ogni tanto incontriamo persone che sono state capaci di lasciarsi attraversare dal dolore, senza soccombere e senza chiudersi: la vita le ha rese più morbide, più indulgenti con se stesse e con gli altri, più empatiche. Invecchiando hanno perso molte certezze e sicurezze giovanili.

E’ la vita, cari amici. Ognuno ha la sua, ognuno ha un proprio destino, ma c’è una comunanza legata alla comune fragilità che possiamo condividere. Potessimo guardarci tutti con più tenerezza, con quell’indulgenza di chi si è appena rialzato e sa che significa cadere in basso. Potessimo evitare almeno di appoggiare sulle spalle dei fratelli il fardello del nostro giudizio. Ciascuno di noi “è” il diverso, il disabile il separato, il povero, il minore. E chi non lo è, scagli la prima pietra.

 

 

9 pensieri su “Chiamiamola semplicemente vita.

  1. …chiamiamola semplicemente vita….condivido e ringrazio Elena x quanto ha scritto….vivere la vita da persone LIETE e quindi persone BELLE xche’ Gesu’ e’ con noi e ci conduce! Non ci dice che la Vita e’ facile ma certamente ci dice che ne vale la pena viverla x appunto scoprirne la vera bellezza. La Vita e’ Bella se vissuta per/con/in Gesu’! Buon cammino a tutti !

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  2. Una pagina di “Luce”…. pensavo che certe consapevolezze si potessero acquisire solo vivendole….. si possono “capire” ma sperimentarle è un’altra cosa….. quando ci sei dentro “annaspi” e non ti resta che fidarti….. quando ne sei fuori e ti volti indietro capisci anche con il “cuore”….. e, nonostante tutto, ringrazi. Eppure ho tanta comprensione per chi non ce la fa, per chi si rassegna… è un attimo, a volte, anche, inconsapevole. Grazie per aver messo in qs poche righe tanta saggezza.

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  3. Vero: è una testimonianza, grazie ancora ad Elena Granata.
    E grazie a Giovanni per essersi “affacciato”, col cuore in mano, al nostro locale.
    Confidiamo che ritorni per trascorrere ancora qualche momento con noi!

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  4. Tutti, con diversa intensità, conduciamo dentro di noi un dialogo interiore.
    Ci sono alcuni, in particolare se vivono da soli, che a questo dialogo danno persino voce, con soliloqui nei quali due personaggi discutono tra di loro.
    I pensieri si dipanano in continua alternanza fra quello che vorremmo essere e fare e quello che in realtà facciamo e siamo, fra le mete che vorremmo conquistare e l’autocritica che ci prospetta i nostri limiti, a volte esasperandoli.
    I pensieri corrono come velieri nel mare della nostra mente, filano più veloci della nostra volontà. Sono propositi buoni e sentimenti cattivi, impulsi di generosità e spinte egoistiche. Sogni che ci proiettano nel futuro e nostalgie che ci ancorano al passato, privandoci del presente.
    Questo lavorio dentro di noi prosegue anche di notte: la nostra mente non smette di elucubrare. E’ un laboratorio che non conosce orari di lavoro e che si ferma soltanto quando siamo intenti a un’attività che ci soddisfa completamente, per esempio quando diamo libero sfogo alla nostra creatività.
    Raramente siamo in grado di convivere internamente pacificati, in quello stato di serena beatitudine che potremmo definire con un’immagine metaforica “il sorriso interiore”.
    Come lottare con queste tempeste intime? E sono davvero negative? Forse, non dovremmo allarmarci quando la burrasca assume toni fragorosi. Si placherà.
    Poi, non lasciamoci trascinare lontano da quei velieri, verso isole di illusione o sconforto. Teniamo saldo il timone del nostro discernimento, evocandolo dalle profondità sapienti del cuore.
    Sarebbe certo utile, nei passaggi più difficili fra le onde, un interlocutore a cui affidarsi, con cui confidarsi, ma poiché raramente è disponibile, possiamo ricorrere ad un espediente antichissimo, al nostro “diario di bordo”: affidare alla carta i pensieri più galoppanti.
    E la rilettura, tempo dopo, ci servirà per ridimensionare gli eccessi. Alla fine, quello che dovremmo fare è abituarci a convivere con il nostro conflitto interiore, accettandolo come una realtà ineludibile ed anche positiva. In fondo, fa parte della dinamica della vita e se sapremo governare le sue vele con distacco e un po’ di serenità e, forse, un pizzico di ironia, diventerà una ricchezza.
    Di più. Una persona senza i marosi dei conflitti è un individuo senza vitalità: adagiato sulla coffa della falsa sicurezza si sente già a posto così.
    E’ tra quelli che stanno sempre dalla parte giusta, che non sbagliano mai, che hanno sempre l’ultima parola, che vincono sempre. Non perdono mai. Sono vincenti: ma non sono “invincibili”, perché non hanno conosciuto mai il sapore della sconfitta.
    Invincibile, invece è: il sole che torna ad avvolgere le cose dopo che la notte le aveva confuse nell’oscurità; il fiore che torna a regalare perdutamente profumo e colore senza curarsi chi meriti o no il suo dono; l’anziano , sazio di giorni, che non smette di credere che il “fare” non è l’unico valore della vita; il giovane assetato di futuro, che compie il primo passo di un lungo viaggio.
    Talora può capitare che quasi nulla avanzi di noi stessi, alla sera: solo stanchezza, desiderio, attesa. Tutto, in certi momenti, appare perduto, vuoto, inutile. Ma proprio lì, al contrario di ogni evidenza, accade, si solleva, comincia qualcosa di inedito: il vento.
    Il vento della perseveranza gonfia nuovamente le vele, profuma le fronti sollevate a cercare colori e incontri che aggiungono sapore nuovo al quotidiano. Il cuore si rinnova in una danza che canta alla vita, nella gratitudine, nello stupore. Appare possibile tutto ciò che appariva spento, fermo, inamovibile.
    Marinai dell’anima: questo ci basti per sentirci invincibili.

    MARINAI DELL’ANIMA

    di Fausto Corsetti

    Cari Amici,

    che strana avventura è la giornata di un uomo in lotta con se stesso, quando si scopre desolatamente non migliore del giorno precedente. Ma, non c’è avventura più bella che quella della propria vita, quella che ciascuno può vivere, che è in grado di vivere. Non ha importanza se essa sia diritta o tortuosa. Basta che una Luce la guidi, la attragga, la orienti, la chiami…

    Un abbraccio a Voi tutti.

    Fausto

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