Tu lo hai fatto come un segno.

Non ha bisogno di presentazioni la nostra ANTONIETTA PORRO. Anche oggi,  grazie alla collaborazione con il bollettino della Parrocchia di san Giulio in Barlassina, condivide col Bar la sua esperienza di cristiana nel quotidiano della sua realtà.

Non è un errore di stampa. Il titolo dell’articolo ripete quello della rubrica, ma non per sbaglio. Si tratta di una scelta deliberata, poiché per la persona cui è dedicata questa paginetta la frase due volte ricorrente in testa al foglio vale in maniera particolarissima.
Il 18 gennaio ricorre il 75° compleanno di don Sandro: un compleanno importante, per molte ragioni. Come ogni anniversario, invita a guardare indietro, a ripercorrere i passi che hanno condotto al punto che diventa oggetto della festa. Guardare indietro rispetto a ciò che don Sandro ha rappresentato per la nostra comunità, da quando è venuto tra noi, al di là della sua persona, dei suoi numerosi pregi e dei suoi inevitabili difetti (minimi, nel suo caso: ma il possederne qualcuno fa parte dell’essenza di un uomo!), significa individuare il ruolo principale che ha rivestito, sempre e intenzionalmente: quello di essere segno di altro, anzi, di un Altro.

Tutto è cominciato una delle prime volte in cui ci ha rivolto la parola, durante il suo ingresso ufficiale in parrocchia: don Sandro ci ha invitati a rivolgere lo sguardo dove lui lo rivolgeva, e cioè alla Croce. Dopo quel momento, ci ha ripetuto più volte questa esortazione, ma soprattutto ci ha consentito di vedere spesso con chiarezza quale fosse l’obiettivo del suo sguardo. Lo ha fatto e lo fa persino con la gestualità fisica: non può sfuggire, se non si è distratti, il modo in cui guarda al Pane eucaristico quando lo eleva durante la Messa, tenendo gli occhi fissi sull’ostia consacrata e soffermandosi a lungo in adorazione. Soprattutto lo fa le numerose volte in cui si ferma in preghiera, in ginocchio, più spesso a terra che sull’inginocchiatoio: guardare a don Sandro invita a spostare subito lo sguardo sull’oggetto della sua attenzione, così che si è portati a ripetere il suo gesto e la sua preghiera diventa la preghiera di due, di cinque, di molti. E’ così che don Sandro ci insegna cosa sia la fede.
Un altro invito don Sandro ci ha rivolto e ci rivolge spesso, soprattutto nelle sue omelie: quello a far sì che il rapporto con il Signore diventi un’esperienza quotidiana nella nostra vita. Solo così infatti le nostre giornate potranno assistere ad un vero e proprio cambiamento di rotta, un cambiamento così sensibile da non sfuggire a noi stessi e agli altri, un cambiamento capace di farci avvertire il senso di una vita ‘piena’ e di suscitare nel nostro cuore la vera gioia. Don Sandro ci ripete con frequenza questo invito, tanto che qualcuno potrebbe pensare: «questo lo ha già detto». Ma la ragione di tanta frequenza è una sola: il rapporto con Gesù, la ‘stima’ reale nei suoi confronti, come don Sandro dice, è la sola risposta al desiderio di ognuno di essere felice, all’aspirazione a costruire un mondo più bello, più giusto, più ‘a misura d’uomo’. Solo a partire da un legame profondo con Lui, vissuto nella quotidianità, ci sarà dato di veder realizzato tutto questo. Mi ha colpita l’intensità, percepibile anche dal tono della sua voce, con cui, nell’omelia di Natale, rivolgendoci di nuovo questo invito, don Sandro ha ripetuto due volte: «Ve lo assicuro! Ve lo assicuro!». E’ così che don Sandro ci insegna cosa sia la speranza.
C’è un aspetto del ministero di don Sandro che a nessuno è sfuggito: è il suo affetto per tutti noi, la sua bontà e la dedizione al popolo di Dio che gli è stato affidato. «E’ un padre!» ho sentito dire più volte, da persone di ogni età. «E’ davvero umano; non fa le prediche, ma racconta la sua vita!» mi ha detto più di una volta una persona che si dichiara non particolarmente vicina alla Chiesa. Appena può, si ferma a conversare con le persone, come accade sempre dopo le S. Messe domenicali. Don Sandro dedica molto tempo alle visite agli ammalati; la sua attenzione a chi è stato colpito da un lutto si riflette nelle omelie ai funerali, mai anonime, sempre tese a valorizzare ciò che chi se n’è andato ha saputo fare della propria vita e a consolare chi è rimasto solo. La sua dedizione ai piccoli e ai ragazzi, poi, è vistosa: dacché è a Barlassina, don Sandro non si è perso un oratorio estivo (come si fa a non commuoversi vedendolo, sotto la canicola estiva, in maglietta e berrettino pronto per il pomeriggio oratoriano?); basta poi vedere la tenerezza con la quale si rivolge ai bambini, quando parla loro in gruppo o individualmente, per accorgersi del rispetto e dell’attenzione che a loro riserva. Mi è accaduto di essere in chiesa durante le confessioni natalizie dei ragazzi: non ho potuto non notare che a ciascuno di loro don Sandro dedicava non meno tempo di quello riservato agli adulti, senza fretta, con la capacità di ascolto che la loro età esige. E’ così che don Sandro ci insegna cosa sia la carità.
Don Sandro non ha mai ostentato le proprie virtù né ha nascosto le proprie debolezze fisiche, con le quali ha dovuto talvolta fare i conti, ma che non lo hanno mai fermato. Di fronte a qualche problema di salute la sua fiducia nel sostegno che gli veniva dall’alto è sempre stata palese: anche questo è stato per noi un richiamo a non piangerci addosso, a fidarci di Chi consegna le croci, ma offre anche il sostegno adeguato per portarle. Lo stesso è accaduto quando le croci sono derivate da noi, dalle inevitabili contrarietà che le relazioni interne ad una comunità possono suscitare: don Sandro non ha mai esasperato le ragioni dei piccoli o grandi conflitti, facendo sì che nella maggior parte dei casi il tempo e il buon Dio facessero emergere il bene anche dalle difficoltà.
Tu lo hai fatto come un segno: non può che essere questa, dunque, l’espressione del nostro grazie a Dio per i settantacinque anni di don Sandro. Insieme, però, formuleremo una preghiera: che don Sandro continui ad essere per noi un segno per molto tempo ancora!
Grazie, don Sandro, e buon compleanno!

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