E’ con l’aiuto dell’amica Elisabetta che vorrei approfondire il mio ” reclamo” sulla libertà. E magari cercare capirne il senso…
Dostoewskij, I fratelli Karamazov, pagina del Grande Inquisitore. «Sul tema della moltiplicazione dei pani, vedendo il miracolo la gente diceva: “Questo è davvero il Profeta che deve venire nel mondo!”
Ma questo riconoscimento è davvero fede? Gesù sembra dubitarne, anzi, Egli sa bene che altro si cela dietro al riconoscimento che gli viene attribuito. [Gv 6,26-34] Non la fede ma la sudditanza; non un gesto di libertà, ma la rinuncia ad essa in nome del riconoscimento dei propri bisogni. La questione è cruciale: la libertà nella fede o l’appagamento nella sudditanza? La fiducia che riconosce il donatore o il compiacimento nel vedere i propri bisogni immediatamente realizzati?
Il Messia qui torna sulla scena di questo mondo, e ripete i suoi miracoli, sfama la gente, guarisce, ridona la vita; ma il Grande Inquisitore, il depositario della fede, lo imprigiona. In un serrato dialogo, lo accusa di aver dato la libertà, ma reso infelici gli uomini, mentre loro – i depositari della fede – hanno corretto la sua opera e hanno dato la felicità a prezzo della libertà. Gli uomini non vogliono la libertà, non sanno che farsene di un dono così difficile e chiedono invece il pane, la soddisfazione di loro bisogni, la felicità della sazietà. Così il Grande Inquisitore interroga il misterioso personaggi, che semplicemente tace:»
“Comprenderanno [gli uomini] infine essi stessi che libertà e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro inconciliabili, giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro! Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. Tu promettevi loro il pane celeste, ma, lo ripeto ancora, può esso, agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente abietta, paragonarsi a quello Continua a leggere