Bagnasco e Rodari: di chi è la colpa?

La giustizia esiste?
A chi attribuire la responsabilità?
Chi si accollerebbe spontaneamente la responsabilità? Oserei dire “qualunque” responsabilità? A Genova come nel Cosentino, come a Bologna in queste settimane di vacanze funestate dagli incidenti. Per errori umani o per cause “naturali”… siamo a caccia di responsabili. Sempre più a monte. Fino, magari a risalire al Signore o alla Sua Assenza. Ma il Cardinale Bagnasco con l’omelia ai funerali delle vittime di Genova ci richiama al fondamento della Verità e la giusta lettura di ciò che di buono e di tremendo ci può accadere.

“…ogni doverosa giustizia nulla può cancellare o restituire” (…)   “i perché incalzanti, ci hanno fatto toccare ancora una volta e in maniera brutale l’inesorabile fragilità della condizione umana.” (…) “Gesù mostra che di Dio ci possiamo fidare anche se non sempre ci sono chiare le vicende umane.” (…) “Guardando a Lui eviteremo la disperazione e potremo tornare a guardare con coraggio il mondo, la vita, la nostra amata Città. Potremo guardarci gli uni gli altri e riconoscerci fratelli, perché figli dello stesso Padre ben oltre ogni differenza. Potremo rinnovare la fiducia reciproca e consolidare la vicinanza di queste ore. Potremo costruire ponti nuovi e camminare insieme.”

Ma ecco un brano che apparterrebbe alla categoria dello “Scritto ieri”:

Gianni Rodari, “Il ladro di “erre”. Da “Il libro degli errori” – 1964

“C’è, chi dà la colpa
alle piene di primavera,
al peso di un grassone
che viaggiava in autocorriera:
io non mi meraviglio
che il ponte sia crollato,
perché l’avevano fatto
di cemento ‘amato’.
Invece doveva essere
“armato”, s’intende,
ma la erre c’è sempre
qualcuno che se la prende.
Il cemento senza erre
(oppure con l’erre moscia)
fa il pilone deboluccio
e l’arcata troppo floscia.
In conclusione, il ponte
è colato a picco,
e il ladro di ‘erre’
è diventato ricco:
passeggia per la città,
va al mare d’estate,
e in tasca gli tintinnano
le ‘erre’ rubate”.

Anche io Le chiedo perdono, professor Veronesi.

Cristo muore, Cristo risorge "Pietà" - W. A. Bouguereau
Cristo muore, Cristo risorge “Pietà” – W. A. Bouguereau

Sì, anche io, nel mio piccolo, gli chiedo scusa. E ringrazio il Signore finché ci saranno uomini di Chiesa come don Federico Pichetto che sono all’altezza, e che altezza!, dell’esempio di Gesù Cristo nel proporci di giudicare la realtà, tutta la realtà, come buona e opportuna per rendere gloria e grazie al Signore della Misericordia.

Io, prete, gli chiedo scusa per non avergli dimostrato la testimonianza della Grazia che salva.

FEDERICO PICHETTO

UMBERTO VERONESI (1925 – 2016). Non so descrivere la tenerezza che ha sempre suscitato in me la figura di Umberto Veronesi. Il suo dichiarato pregiudizio anti-cattolico, la sua “guerra” alla Chiesa, il suo scandalizzarsi della presenza del male nel mondo come segno tangibile dell’assenza di Dio mi hanno, letteralmente, commosso. In nome di tutte queste cose Veronesi ha espresso idee, diffuso mentalità, intrapreso azioni. Ai miei occhi ha fatto anche del male, molto male. Eppure adesso, nell’ora della sua morte, non riesco che a paragonarlo — per grandezza umana — al Capaneo dantesco che, non riuscendo ad amare Dio, non poteva fare altro che odiarlo, maledirlo. La vita di Veronesi è stata un grido verso il Cielo, una disperata affermazione di chi ha provato a fermare il male e ha combattuto nella certezza di poterlo sconfiggere.

Come gli antichi pagani all’epoca di Augusto, Umberto Veronesi attendeva qualcosa che potesse salvare e guarire l’uomo. Lo attendeva dalla scienza, lo attendeva dalla medicina, lo attendeva — in fondo — dalla conoscenza. Veronesi aveva capito che la salvezza dell’umano sarebbe avvenuta solo attraverso l’umano, ma non riusciva ad arrendersi che solo un umano risanato — toccato dal Divino — sarebbe stato in grado di introdurre nel mondo un’intelligenza delle cose capace di affrontare e di perdonare il male stesso. Perché il male, ciascuno lo sa, non si vince eliminandolo, ma “assumendolo”, accogliendolo, abbracciandolo.

Per cui oggi, in un giorno in cui molti si ergeranno a impietosi giudici della vita di quest’uomo tormentato dal dolore dei suoi simili — e per questo furioso verso risposte facili e a buon mercato — io vorrei dire ad Umberto di perdonarci se le nostre parole, la nostra testimonianza, le nostre azioni non hanno reso trasparente nella sua vita il fatto che l’Onnipotenza di Dio non sta nella capacità dell’Altissimo di risolvere i problemi umani, ma nella determinazione, cocciuta e testarda, a non voler mai abbandonare l’umano, qualunque esso sia, comunque esso sia.

Dio si prende cura della libertà dell’uomo e non permette che il male fermi il Suo amore. Egli è l’Onnipotente nell’Amore. Poveri come siamo, derelitti come siamo, malati come siamo, noi alziamo gli occhi al Cielo per non rimanere soli dentro il Buio e vivere sempre la forza di una Presenza che è più grande di ogni oscurità.

Questa moda di inchiodare alle proprie responsabilità, con giudizi taglienti, uomini ormai morti, eppure controversi ma geniali — come Veronesi o Fo — è uno sport facile, estremamente elementare da praticare e infiamma gli animi di chi “vuole fare giustizia”. Eppure, al contrario, chiedere loro scusa per non essere stati “quello che noi cristiani dovevamo essere”, muovendo il loro cuore non verso parole vuote, ma verso il fascino di una vita toccata dalla Grazia, credo che invece sia il più grande atto di umiltà che un cristiano possa fare, l’unico capace di essere all’altezza di Cristo.

Il quale, come ognuno di noi sa dall’esperienza della propria esistenza, morì per noi quando noi stessi eravamo ancora peccatori. Ossia senza chiederci nulla. Gratis. Semplicemente stando dentro al Getsemani del nostro peccato, senza fuggire dal nostro male, ma affermando sulla Croce un Bene più imponente di ogni morte.

La libertà di Umberto, così ribelle e così anarchica, si trova adesso davanti alla forza della Misericordia di Dio. E c’è da scommetterci che, in questo anno Santo, essa rivivrà il miracolo di essere amata. Fino a far piangere anche lui, il grande oncologo rimasto orfano da piccolo che, nella sua rabbia e nel suo livore verso la Chiesa, cercava in fondo solo di ritrovare Suo Padre.

fonte: Il Sussidiario 9/11/2016

Irlanda, il feto ha molti diritti. Non solo alla vita.

immagine: strategiedellamente.it
immagine: strategiedellamente.it

Amici!

Leggendo l’articolo seguente non ho creduto ai miei occhi!… In quale lontana galassia staziona l’Irlanda?!

E apprendere che il Giudice dell’Alta Corte irlandese si chiami “Justice” mi ha in qualche modo riconciliato con la cosiddetta Giustizia Umana… Speranza nell'”Avvenire“!

SILVIA GUZZETTI

Un bambino non nato può contare su diritti che non sono soltanto quello alla vita e che vanno presi seriamente dallo Stato. Lo ha stabilito un giudice dell’Alta Corte irlandese, Mr. Justice Richard Humphreys, durante una vicenda giudiziaria che ha coinvolto un cittadino nigeriano che rischiava di essere deportato.

Poiché l’uomo era il padre di un bambino che doveva ancora nascere, concepito con la sua partner irlandese, il giudice ha deciso di fermare la deportazione. La sentenza ha fissato, in questo modo, il diritto del futuro bambino non soltanto a venire al mondo ma anche a poter contare sul suo papà. Continua a leggere

Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.

preghiere corte

“Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo  migliore…
Noi soffriamo per la pazienza di Dio.
E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza.”

“Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.”

Benedetto XVI

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Vivere l’ospitalità come assoluto.

 La nostra Lidia ci “passa” ancora un articolo sull’attualità, ancora un “taglio” originale, come piace a Lei. E a noi:

“Per capire il giusto atteggiamento verso il problema migranti partendo dalle nostre radici”.

di Vincenzo Costa

I recenti fatti di Colonia e l’espandersi della minaccia terroristica stanno acuendo il senso di insicurezza in Europa. Naturalmente, delle esigenze di sicurezza sarebbe irresponsabile non tenere conto.

E tuttavia, rispetto ai criteri da adottare si sta creando una Continua a leggere